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Governo, il Premier Conte che torna e i conti che non tornano

Il discorso del Premier Bis regala, as usual, molto fumo e poco arrosto. E una serie di nodi che prima o poi dovranno venire al pettine

Nessuna sorpresa dal voto di fiducia affrontato alla Camera dal neonato Governo rosso-giallo. I numeri su cui può contare la nuova maggioranza sono del resto piuttosto solidi – più che in Senato, dove comunque non sono attesi colpi di scena come quelli che era uso annunciare il grande Mike Bongiorno, di cui è appena trascorso il decennale della scomparsa.

Maggiore curiosità si registrava intorno al discorso programmatico del Bi-Premier Giuseppe Conte, che ha parlato per un’ora e mezza battendo un record che già gli apparteneva. Non è arrivato ai livelli di Rafa Nadal, a cui sono occorse quasi cinque ore per vincere la finale degli U.S. Open, ma forse il Presidente del Consiglio è riuscito a sfiancare l’aula di Montecitorio allo stesso modo in cui il tennista iberico ha spossato il giovane russo Daniil Medvedev.

La dichiarazione d’intenti del Capo del Governo è stata prevedibilmente accolta dagli applausi dei sostenitori e dalle contestazioni degli oppositori – anche se, come spesso accade in questi casi, il fumo ha di gran lunga superato l’arrosto. Non tutti i conti, però, sembrano tornare.

Sorvoliamo su obiettivi da libro dei sogni come le «scuole e università di qualità»: sarebbe più che auspicabile, ma i danni prodotti dalla nefasta ideologia sessantottina sono talmente gravi e radicati che ci vorrebbe piuttosto un piano di ricostruzione stile Protezione Civile (quella, ovviamente, di Guido Bertolaso, che era un fiore all’occhiello invidiatoci a livello internazionale). Un proposito che diventa pura utopia se si considera, oltretutto, che l’esecutivo è sostenuto da forze che a quell’ideologia sono, per usare un eufemismo, contigue.

Escludiamo anche i richiami alla sobrietà, dissolti come neve al sole nel momento in cui Conte II (nel senso del gemello pomeridiano del Conte I del mattino) ha iniziato ad attaccare, pretestuosamente as usual, il suo ex vicepremier Matteo Salvini.

Per tacere poi di quei provvedimenti annunciati solo per amor di pace, tipo l’acqua pubblica (che interessa solo al M5S), il contrasto ai cambiamenti climatici (probabilmente la bufala del millennio) o il green new deal (che nessuno sa esattamente cosa sia, tanto è vero che si è evitato accuratamente l’uso dell’italiano perché l’esotismo notoriamente confonde le acque).

Andando con ordine, il BisConte ha garantito la revisione delle concessioni autostradali e «un’adeguata rete di infrastrutture tradizionali dei trasporti». Auguri: era bastata una dichiarazione del neo-Ministro dem Paola De Micheli a mandare in fibrillazione preventiva il Movimento 5 Stelle. Se il buongiorno si vede dal mattino…

Il Premier ha poi proseguito con un accenno alla riforma fiscale, che dovrebbe far sì che «le tasse le paghino tutti ma meno». Che è esattamente ciò che il centro-destra sostiene da anni, quindi non si capisce perché ora un simile provvedimento lo dovrebbero appoggiare Pd e LeU – sempre che non si siano convertiti nel frattempo sulla via di Damasco.

Un’altra riforma annunciata è quella del taglio dei parlamentari, che però dovrà essere accompagnata da una nuova legge elettorale, di stampo proporzionale – per intenderci, l’origine di tutti i mali della Prima Repubblica: a conferma che la Storia sarà anche maestra di vita, ma continua ad avere dei pessimi allievi.

L’avvocato del popolo ha anche affrontato il tema dell’autonomia differenziata, che dovrà essere «giusta e cooperativa», onde evitare di creare un Paese a due velocità. Guarda caso, proprio ciò a cui puntava la Lega, a cui i grillini hanno messo i bastoni fra le ruote in ogni modo possibile. Di nuovo, auguri, perché tutti questi nodi, prima o poi, verranno inevitabilmente al pettine.

Infine, è arrivato il buffetto al Partito Democratico con la promessa di rivedere il Decreto Sicurezza bis, in modo da affrontare «più efficacemente i temi dell’integrazione per coloro che hanno diritto a rimanere e dei rimpatri». Tralasciando il fatto che tali problemi non si risolvono a parole, resta il fatto che una simile proclamazione non fa che acuire la già enorme frattura tra le élites e il popolo. Il quale continua a chiedere in stragrande maggioranza (l’89%, secondo una rilevazione di Pagnoncelli per il Corsera) continuità rispetto alle politiche sull’immigrazione portate avanti dal Capitano. E questo non per le fesserie divulgate a reti unificate dai media mainstream, ma perché la gente è stanca del degrado a cui non è estraneo, anzi contribuisce il fenomeno dell’immigrazione incontrollata.

Ragion per cui i rosso-gialli potranno anche continuare a ergersi a maestrini, ammaestrando spocchiosamente il volgo su ciò che dovrebbe pensare. Ma prima o poi, malgrado i professionisti delle poltrone, alle urne si dovrà pur tornare: e a intelligenti e competenti non basterà un intero flacone di Maalox dopo che avranno contribuito a innalzare il Carroccio, come minimo, al 60%.