Un centinaio di scienziati smonta le fake news di Greta & co., ma il loro manifesto passa sotto silenzio
«Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità». Così recita un noto aforisma attribuito (probabilmente a sproposito) al gerarca nazista Joseph Goebbels. Facile, se si ha al proprio servizio il Ministero della Propaganda del Terzo Reich. Ma non è complicato neanche quando l’intero apparato mediatico decide di appoggiare una teoria e tacitare le opinioni, ma anche i dati, che non collimano con tale tesi. È ciò che la sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann definì “spirale del silenzio”.
Nelle settimane scorse è stato diffuso – e stranamente ignorato – un documento che fa a pezzi tutte le balle (pardon, le fake news) sul riscaldamento globale antropico sostenute dal mainstream culturale e giornalistico internazionale. Tale documento, intitolato “Clima, una petizione controcorrente”, è stato curato e sottoscritto da circa un centinaio di veri e autorevoli scienziati nostrani, tra cui Uberto Crescenti, già Magnifico Rettore dell’Università di Chieti-Pescara e Presidente della Società Geologica Italiana; Franco Prodi, Professore di Fisica dell’Atmosfera all’Università di Ferrara (e fratello dell’ex Premier Romano); Franco Battaglia, Professore di Chimica Fisica all’Università di Modena; e Antonino Zichichi, che non ha bisogno di presentazioni.
La precisazione sui due aggettivi, “veri e autorevoli”, è d’obbligo perché, per esempio, a fine giugno è stato presentato un rapporto dal titolo “Cambiamento climatico e povertà”, che si basa interamente sugli effetti catastrofici che il global warming avrebbe sulla lotta all’indigenza in appena un decennio – a meno che non si arrivi all’obiettivo di zero emissioni nette di CO2. Peccato che l’autore di questo rapporto, Philip Alston, non sia un esperto di clima e ambiente, essendo uno studioso di diritto internazionale. Però collabora con l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, vale a dire con l’organizzazione che più di tutte si sta spendendo per promuovere la tesi del riscaldamento globale di origine antropica.
Semmai, quello che è interessante – e che viene evidenziato dal titolo del rapporto di Alston – è il cambio di strategia degli ambientalisti, che tendono a parlare sempre meno di “riscaldamento globale” e sempre più di “cambiamenti climatici”. Di origine antropica, ça va sans dire, ma questo non lo specificano anche perché rende l’espressione più accettabile, visto che, come sanno tutti e come è stato evidenziato da un’ampia letteratura scientifica, il clima è soggetto a continue trasformazioni e mutamenti. È un po’ come quando si lancia l’allarme sulle fibrillazioni dei mercati azionari, fingendo di non sapere che i mercati non sono mai tranquilli e inerti. Allo stesso modo, i cambiamenti climatici si verificano da sempre, solo che non è l’uomo a determinarli – o, al massimo, lo fa in minima parte.
Per dire, l’origine antropica del riscaldamento globale, come spiega il manifesto controcorrente, è «una congettura non dimostrata, dedotta solo da alcuni modelli climatici, cioè complessi programmi al computer» che non sono in grado di riprodurre la variabilità naturale osservata del clima. Nello specifico, i cosiddetti General Circulation Models non riescono a ricostruire i periodi caldi degli ultimi 10.000 anni, alcuni dei quali sono stati anche più caldi del presente nonostante la minor concentrazione di CO2; «falliscono nel riprodurre le note oscillazioni climatiche di circa 60 anni», consistenti, fin dal 1850, in un trentennio di riscaldamento seguito da un identico ciclo di raffreddamento; e non riescono a descrivere neppure la situazione attuale, dal momento che avevano previsto un aumento di circa 0,2°C per decennio a partire dal 2000, quando invece negli ultimi vent’anni si è avuta una sostanziale stabilità climatica.
La realtà è che il clima è semplicemente il sistema più complesso presente sul nostro pianeta, e che noi non siamo ancora in grado di comprenderlo. Tuttavia, se c’è qualcosa che i dati sperimentali evidenziano è che la responsabilità dell’uomo è sovrastimata rispetto, per esempio, a quella del sole, della luna e degli oceani. E che quindi è scientificamente infondato puntare il dito contro l’umanità, con buona pace di qualunque ragazzina svedese e dei suoi seguiti di folle adoranti.
A tal proposito, va fatta un’ulteriore precisazione. Nel propalare la tesi dei cambiamenti climatici di origine antropica, gli organi di informazione fanno subdolamente credere che essa sia condivisa dalla quasi totalità della comunità scientifica: ma anche questa favola viene smentita dall’appello degli scienziati italiani, che ricordano come vi sia una notevole variabilità di opinioni tra gli specialisti. In ogni caso, anche se così non fosse, «il metodo scientifico impone che siano i fatti, e non il numero di aderenti, che fanno di una congettura una teoria scientifica consolidata».
Le verità scientifiche, infatti, «non si decidono a maggioranza». Lo disse uno che di scienza – e di metodo sperimentale – un po’ se ne intendeva: Galileo Galilei.
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